La Diga del Vajont rappresenta uno degli episodi più tragici nella storia dell’ingegneria civile e dell’Italia del Novecento. Simbolo di ambizione tecnica e di tragico errore umano, essa incarna il sottile equilibrio tra il progresso e il rispetto per le forze della natura.
Esplorare la storia complessa della diga, dalla sua concezione alla drammatica notte del 9 ottobre 1963. E’ questo un passaggio obbligatorio per tutti coloro che vogliono visitare oggi un sito che è diventato un luogo di memoria collettiva.

L’idea di costruire la Diga del Vajont nacque negli anni ’50, un periodo di grande fervore industriale per l’Italia.
Situata in una gola profonda tra i monti al confine tra il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia. L’obiettivo era proprio quello di creare un imponente bacino idroelettrico che potesse alimentare il crescente fabbisogno energetico del nord-est del paese. Un’area in piena espansione economica.

La costruzione della Diga del Vajont

Diga del Vajont lago

La diga, progettata dall’ingegnere Carlo Semenza, era destinata a diventare un capolavoro dell’ingegneria moderna.
Con i suoi 261,6 metri di altezza, rappresentava infatti una delle opere più audaci del suo tempo. Un gigante di cemento armato che avrebbe dovuto domare la forza delle acque del torrente Vajont. Una delle dighe più alte al mondo per l’epoca.

I lavori iniziarono nel 1957 e l’obiettivo principale era chiaro. Creare una riserva d’acqua che avrebbe potuto produrre energia per milioni di persone.
Tuttavia, sin dalle prime fasi della costruzione, si cominciarono a manifestare segnali preoccupanti. La valle del Vajont, infatti, non era un luogo tranquillo.
Le montagne che la circondavano, in particolare il Monte Toc, rivelavano una complessa instabilità geologica. Movimenti di terreno e piccoli smottamenti furono osservati sin da subito. Ma la pressione economica e l’urgenza di completare il progetto portarono a minimizzare questi segnali d’allarme.

La tragedia della Diga del Vajont il 9 ottobre 1963

corriere della sera
corriere della sera

La notte del 9 ottobre 1963 resterà impressa indelebilmente nella memoria di chiunque abbia vissuto quei momenti. E anche di tutti coloro che ne hanno conosciuto la storia.
Quella notte, infatti, una frana di dimensioni colossali si staccò dal Monte Toc, riversando circa 270 milioni di metri cubi di roccia nel bacino artificiale.
L’impatto fu devastante. L’acqua del lago, spinta violentemente, generò un’onda gigantesca, alta oltre 100 metri. Superò infine la diga riversandosi con forza inaudita nella valle sottostante.

Le conseguenze furono catastrofiche. L’onda di piena si abbatté sui paesi di Longarone, Erto e Casso, spazzandoli via in pochi istanti.
Circa 2.000 persone persero la vita in quella tragica notte, intere famiglie scomparvero sotto l’incredibile potenza dell’acqua e del fango.
Longarone, un paese un tempo vivace, fu letteralmente cancellato dalla mappa, ridotto a un cumulo di macerie.

L’errore umano tra le cause della tragedia della Diga del Vajont

Diga del Vajont panorama

Le cause della tragedia sono ancora oggi oggetto di riflessione e dibattito.
La principale era la conclamata instabilità geologica della zona, ben nota agli esperti, ma sottovalutata durante la progettazione e il riempimento del bacino.
Nonostante i segnali di allarme, tra cui frane minori che si erano verificate già durante la fase di riempimento, il bacino continuò ad essere riempito a livelli critici.
L’errore umano, combinato alla pressione economica e alla sottovalutazione dei rischi. Queste le cause che trasformarono quella che doveva essere una delle meraviglie dell’ingegneria italiana in uno dei suoi più grandi disastri.

Oggi, la Diga del Vajont non è solo un’opera di ingegneria monumentale, ma un luogo di riflessione e ricordo.
Visitare il sito significa immergersi in una storia di dolore e resilienza. Una testimonianza di come la natura, quando ignorata, possa rivendicare la sua forza con esiti devastanti.

Come visitare la Diga del Vajont

Diga Vajont

Per chi desidera conoscere da vicino la storia del Vajont, sono disponibili numerose opzioni.
I tour guidati rappresentano un’ottima occasione per comprendere a fondo i dettagli tecnici, storici e umani della tragedia. Le guide, spesso discendenti delle vittime o testimoni diretti, offrono un racconto vivido e commovente di ciò che accadde quella notte.
I percorsi escursionistici attorno alla diga e lungo la valle sono inoltre un’altra opportunità per esplorare il paesaggio. Osservare da vicino i segni lasciati dalla frana e godere di viste panoramiche impressionanti. I sentieri conducono attraverso i resti dei vecchi villaggi, dove la natura sta lentamente riprendendo il suo spazio.

I musei e i memoriali, come il Museo Vajont a Longarone, sono fondamentali per chi desidera approfondire la conoscenza storica e umana del disastro. Qui, anche fotografie, documenti e testimonianze offrono un quadro completo della tragedia e della successiva ricostruzione. Un processo lungo e doloroso che ha visto la rinascita di una comunità devastata.

Consigli per la visita

Visitare il Vajont è un’esperienza che richiede tempo e attenzione.
La primavera e l’estate sono i periodi migliori per esplorare la zona, grazie al clima mite che rende le escursioni più piacevoli.
Si consiglia di dedicare un’intera giornata alla visita, per poter apprezzare appieno i vari aspetti del sito, dai percorsi naturalistici alle soste nei musei.
È importante indossare abbigliamento comodo e adatto alle camminate, in particolare scarpe resistenti. I sentieri possono essere irregolari e richiedono un po’ di impegno fisico.

Di Silvia Guelpa

Diga del Vajont

INFORMAZIONI

https://www.turismofvg.it/monumenti-e-siti-storici/

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