Cosa vedere a Tindari. La Sicilia è una terra che non smette mai di stupire il visitatore la cui curiosità è sicuramente ripagata se ci si sofferma in aree diverse rispetto alle comuni mete, come possono essere Palermo, il trapanese e i grandiosi templi. La parte nord orientale, ed in particolare Tindari e il Parco Regionale dei Monti Nebrodi, rispecchiano proprio queste caratteristiche: un piccolo gioiello per viaggiatori in cerca di meraviglie inusuali.
La Sicilia nord occidentale e cosa vedere nella vicina Tindari
Dominata dalla fumante cima dell’Etna, la Costa Ionica della Sicilia nord orientale ha dovuto fare spesso i conti con la furia delle eruzioni.
Le colate disegnano il paesaggio intorno al vulcano e nella lava sono persino scolpiti palazzi barocchi e chiese a Catania e Aci Castello.
Proprio su questa costa nel 734 a.C approdarono i coloni Greci che fondarono Naxos, la prima di una serie di potenti coloni in terra Sicula.
Purtroppo proprio a causa di eruzioni, ma anche terremoti, le tracce della storia si sono perse nel tempo con un’unica eccezione: l’antico teatro di Taormina.
Taormina, la perla della costa Ionica, celebre in tutto il mondo per i suoi panorami oltre che per altri spunti di interesse nei dintorni: dai borghi marinari di Acitrezza e Aci Castello ai fasti barocchi di Catania per non parlare – del già citato – Etna, il più grande vulcano attivo d’Europa.
Un’escursione in fuoristrada o a piedi per raggiungere la sua sommità ed il cratere è decisamente consigliata.
Chi predilige il mare ha a disposizione le spiagge ed i fondali delle Isole Eolie, uniche per la loro origine vulcanica ed affascinanti anche da un punto di vista paesaggistico grazie alla loro vegetazione mediterranea. Ed è in questo contesto così variegato e particolare che si inseriscono anche Tindari ed il Parco dei Nebrodi.
Cosa vedere nell’antica Tindari
L’antica Tyndaris fu una delle ultime colonie greche in Sicilia, fondata dai siracusani nel 396 a.C. su uno sperone di roccia isolato, a picco sulle acque del Tirreno e dei laghi costieri di Maranello.
Fu una florida città anche in epoca romana e divenne diocesi nei primi secoli del Cristianesimo, ma venne successivamente distrutta dagli arabi. Una curiosità: il nome Tyndaris deriva dal nome del re di Sparta, Tindaro, a cui era dedicata la città.
Cosa vedere e scoprire nel sito archeologico di Tindari
Non stupisce quindi sapere che a Tindari è possibile visitare il sito e parco archeologico. Una volta superate le mura, attraversando la porta principale non lontano dal santuario della Madonna di Tindari si raggiunge il teatro greco che si affaccia sul mare con il suo diametro di più di 60 metri.
Nei pressi del teatro si trovava anche l’Agorà, oggi scomparsa e non più visibile, mentre ciò che è ancora osservabile sono i resti di una villa romana e di uno stabilimento termale.
Passeggiando attraverso le strade dell’antica città composte secondo una griglia regolare con vie rettilinee, parallele e perpendicolari tra loro, si possono notare i depositi destinati alla conservazione e lo stoccaggio degli alimenti oltre che le fognature di epoca greca. C’è poi un grande edificio, detto Ginnasio o Basilica, che fungeva da sala di riunioni incontro in epoca imperiale.
Volgendo lo sguardo sotto il promontorio di Tindari, verso il mare, si può ammirare l’affascinante spettacolo offerto dalla Laguna di Oliveri e le Isole Eolie in lontananza.
A completare il parco, il Museo Archeologico dove è esposto un grande plastico rappresentante il teatro, una colossale testa di Augusto, statue e vasi d’epoca rinvenuti in zona.
Il Santuario della Madonna Nera di Tindari, tra le cose da vedere
Attiguo al sito archeologico si trova oggi il Santuario della Madonna di Tindari, costruito nel 1957 sui resti di una precedente Chiesa, ristrutturata ed ampliata. Al suo interno si può ammirare la Statua della Madonna Nera.
La storia della Madonna Nera di Tindari risale all’epoca del saccheggio da parte degli arabi. Infatti intorno a questa Madonna, dal volto allungato e colore della pelle scuro che tiene in braccio Gesù bambino, si intrecciano storia e leggenda.
La certezza è che si tratti di una statua in cedro di Libano risalente al VIII – IX secolo. La leggenda narra, invece, che la nave sulla quale era trasportata si rifugiò nella baia sottostante durante una tempesta ed al ritorno del bel tempo fu proprio la Vergine ad impedire all’equipaggio di riprendere la sua rotta fino a quando i marinaio non lasciarono a terra la Statua della Madonna.
Il Parco Regionale dei Monti Nebrodi
Gli arabi occuparono questa zona per secoli e definivano i monti Nebrodi “un’isola nell’isola”. Il loro nome deriva dal greco nibros che significa “capriolo” a testimonianza della fauna di queste montagne e quelle circostanti, le Madonie a ovest e i Monti Peloritani ad est.
Il parco regionale dei Monti Nebrodi, la cui vetta più alta è quella del Monte Soro, è ricco di foreste, boschi e radure. Al centro dell’area protetta si trova anche un lago, si tratta del Lago Biviere di Cesarò, una meta stagionale per gli uccelli migratori e habitat naturale per le testuggini di palude.
Avvicinandosi al crinale dei monti Nebrodi lungo le strade che collegano Montalbano Elicona e Tripi con Randazzo si possono osservare i Megaliti dell’Argimusco. Si tratta di una dozzina di conformazioni rocciose, in arenaria, dalle forme bizzarre, alte da 10 a 30 metri che si sviluppano a circa 1200 metri di altezza.
La credenza popolare racconta che questi megaliti siano stati opera di popolazioni preistoriche: degli antichi menhir o persino dolmen di perdute epoche. In realtà, però, questi Megaliti sono opera degli agenti atmosferici e del tempo.
Si possono ammirare dal basso oppure, per i più avventurosi ed impavidi, è possibile arrampicarsi su alcuni di essi e scalarne la vetta.
La Riserva Naturale del Bosco di Malabotta
Proseguendo la scoperta della zona, troviamo la Riserva Naturale del Bosco di Malabotta. Si tratta di un bosco secolare, uno dei più antichi di Sicilia, conteso tra i comuni di Francavilla di Sicilia, Malvagna, Montalbano Elicona, Roccella Valdemone e Tripi.
Questa riserva Naturale si estende in parte sui Monti Nebrodi e segna il confine con i Monti Peloritani. Lasciata l’auto al parcheggio attiguo, una passeggiata conduce dapprima ai Megaliti dell’Argimusco per poi proseguire all’interno della Riserva Naturale del Bosco di Malabotta.
Non ci sono segnavia ad indicare il cammino, ma è una passeggiata facile, da assaporare in tranquillità.
di Silvia Guelpa