Torino capitale del cioccolato. Narra la leggenda che la prima tazza di cioccolata calda della storia d’Italia sia stata quella offerta ai torinesi dal duca Testa di Ferro. Vale a dire Emanuele Filiberto di Savoia, colui che, nel 1563, volle trasferire la capitale del Ducato da Chambery a Torino. Destreggiandosi abilmente tra lo zio Carlo V e il cugino Francesco I, riuscì a raggiungere i più alti gradi della carriera delle armi e a conquistare la gloria, nonché la mano della figlia del re di Francia, grazie alla vittoria di San Quintino, decisamente fondamentale per il re spagnolo, che volle pertanto omaggiare il duca della preziosa prelibatezza. Ma se tale versione pare non convincere gli storici, rimane invece certo che la prima licenza per la vendita del cioccolato mai accordata risalga al 1678.
E’ quella concessa dalla Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours a Giò Antonio Ari. Ari fu il primo Maestro Cioccolatiere a essere legalmente riconosciuto come venditore al pubblico di cioccolato e vero iniziatore di questa tradizione a Torino. Questa prima “patente” da cicôlatè fu dunque un importante passo per la diffusione della cioccolata, già apprezzata dai nobili, anche agli altri strati della popolazione. Si instaurò questa usanza nella capitale sabauda. Usanza di quella che sarebbe diventata una delle più pregiate tradizioni cioccolatiere d’Europa, capace di stimolare la creatività e la fantasia di rinomati e appassionati esperti. Un aspetto che fa ben capire l’intreccio tra la cultura del cioccolato e la città, così radicato da manifestarsi in diversi aspetti della lingua, del folklore, della storia.
Quel ghiottone di Cavour a Torino capitale del cioccolato
Per esempio, sapevate che Camillo Benso Conte di Cavour era un grande estimatore del bicerin? Di che si tratta? Ecco che anche qui un salto nel passato racconta tanto anche dell’oggi. Nato nel Settecento nell’omonimo caffè di Piazza della Consolata come evoluzione della settecentesca bevanda bavareisa, all’epoca di gran moda, il bicerin si compone di caffè espresso caldo, cioccolato e crema di latte (inutile sperare di sapere le dosi, quelle sono segrete!) e viene servito in bicchieri o calici di vetro per poter ammirare i singoli strati.
Il segreto per assaporarlo al meglio, infatti, è non mescolarlo, lasciando che le varie componenti si fondano tra loro direttamente sul palato, con le loro differenti densità, temperature e sapori. Si sa che nella Torino dell’Ottocento il bicerin scorreva a fiumi, e probabilmente accompagnava le conversazioni che ruotavano intorno all’idea stessa dell’Italia Unita proprio nei bei caffè storici della città, come il Caffè del Cambio, molto frequentato da Cavour tra il 1852 e il 1861, in qualità di Presidente del Consiglio del Regno.
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Che ci azzecca Napoleone con il gianduiotto? Il fascino di Torino capitale del cioccolato
Qualcuno ritiene che sia stato lui a inventarlo, ma per capire bene occorre fare un passo indietro. E’ il 1806, Torino è stata annessa alla Francia da 4 anni e l’Empereur istituisce quello che passerà poi alla storia come Blocco Continentale, ossia il divieto alle navi provenienti dalle colonie britanniche di approdare nei porti appartenenti all’Impero. Ed è così che a Torino, e non solo, diventa sempre più complesso accedere al cacao. Che fare? Gli ingegnosi pasticceri pensano allora a una chicca del territorio, ossia la nocciola tonda e gentile delle Langhe, che finisce così per prendere il posto del cacao nelle preparazioni dei cioccolatieri della città.
Ma perché a questa invenzione venga dato il nome di Pasta Gianduja, e alla forma di barchetta rovesciata incartata singolarmente il nome di gianduiotto, occorrerà attendere il 1865, quando, in occasione del Carnevale, Gianduja, la maschera della città, inizia a distribuire il cioccolatino ai passanti. A distanza di 160 anni, il gianduiotto, ormai un’istituzione nota a livello internazionale, è inoltre sulla strada del riconoscimento quale prodotto IGP, ulteriore garanzia di assoluta eccellenza.
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Degustare tutte queste eccellenze e tanto altro ancora a Torino capitale del cioccolato
L’occasione perfetta per farsi una cultura in materia, per assaggiare delizie per il palato, farsi avvolgere da aromi e sapori che rimarranno nella memoria ed esplorare diverse parti del capoluogo piemontese, è rappresentata da CioccolaTò 2025, che si svolgerà dal 27 febbraio al 2 marzo prossimi, in concomitanza con il Carnevale. Dove? In Piazza Vittorio Veneto, il salotto torinese in riva al Po, che regala una vista che spazia dalla Mole alla Gran Madre, dal Monte dei Cappuccini a Superga. Ma saranno coinvolte anche altre prestigiose sedi museali e palazzi storici, come le Gallerie d’Italia, il Cinema Massimo, il Circolo dei Lettori e ulteriori realtà cittadine che ospiteranno eventi, workshop, dibattiti con nomi importanti del panorama culturale e dolciario italiano.
Tra i tanti, il 28 febbraio, in compagnia di Lidia Ravera, Dolci piaceri: un viaggio tra le pagine di un grande classico messicano, “Dolce come il cioccolato”, esordio di Laura Esquivel del 1989 divenuto poi un film di pari successo, Come l’acqua per il cioccolato. Sabato 1 marzo La Fabbrica del Gianduia, appuntamento con Roald Dahl, tra aneddoti, storie e un po’ di letteratura; domenica 2, con Marco Rossari, Riposare nel Dharma: chissà che rapporto aveva Jack Kerouac con il cioccolato, tanto da farlo diventare il principale desiderio di uno dei protagonisti di I vagabondi del Dharma… E poi, Celeste cioccolato: un pomeriggio in compagnia di Vianne, la misteriosa protagonista di Chocolat di Joanne Harris. Per i patiti della settima arte, al cinema Massimo Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato e Grazie per la cioccolata.
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Le tappe ad hoc a Torino golosa.
Nel 1800 Torino si era ormai meritata in tutta Europa la fama di “capitale del gusto”, vantando una miriade di caffè e pasticcerie frequentati dai rappresentanti della emergente classe borghese, ma anche dai Reali. Questi non disdegnavano di uscire dal palazzo per concedersi anche loro, come i comuni mortali, un “bicerin”, sempre accompagnato da un dolce “bagnato”, cioè da intingere.
Torino è tuttora la città che conta il maggior numero di caffè storici di tutt’Italia, luoghi dove un tempo politici, artisti e letterati amavano incontrarsi e magari degustare la pasticceria fresca mignon ancora oggi in voga come allora. Innanzitutto non si può andarsene senza aver assaggiato una bignola (in pratica un piccolo bigné), dolce tipico, diffusosi a corte durante il regno sabaudo, da mangiare rigorosamente in un sol boccone. E poi ci si può sbizzarrire per una full immersion golosa, attraverso i luoghi più caratteristici e significativi per l’identità del posto.
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A Torino golosa è nato il Museo del cioccolato e del Gianduja
Non c’è che l’imbarazzo della scelta, naturalmente, a partire da una bella novità. Si tratta di Choco-Story, il museo del Cioccolato e del Gianduja, per un viaggio nello spazio e nel tempo alla scoperta del cioccolato. Il museo sorge negli spazi sotterranei del laboratorio di cioccolato della storica pasticceria Pfatish. Consente di fare un interessante percorso che va dalle prime ricette dei Maya e degli Aztechi all’importazione delle fave in Europa, sino alla nascita della grande tradizione artigianale nel territorio piemontese.
Oltre 700 gli oggetti esposti -alcuni anche molto curiosi, come le tazze da cioccolata calda “salva baffi”- per un allestimento che prende vita in una piantagione e prosegue alla Corte dei Savoia. Offre attrazioni interattive perfette per le famiglie, dando l’opportunità di scoprire i processi di fabbricazione, di fare delle degustazioni o dei laboratori. Da non perdere, poi, il Choco Tram, che parte dal Museo, per un tour a tema a bordo di un tram dei primi anni del Novecento, ricco di aneddoti e curiosità raccontate da personaggi in abiti d’epoca, con tanto di dolci assaggi finali (info e prenotazioni su Choco-Story Torino – The Chocolate Museum).
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Dove calarsi nelle atmosfere del cioccolato di Torino capitale
Per calarsi nelle affascinanti atmosfere d’epoca, tappa obbligata al Caffè Baratti&Milano, in Piazza Castello. Deve il suo nome a due confettieri canavesani, Ferdinando Baratti e Edoardo Milano. Trasferitisi nel 1858 a Torino, dove aprirono un laboratorio di confetteria e pasticceria. E a questo punto non si può non citare il famoso cremino. Già, perché fu proprio Ferdinando Baratti a crearlo, facendolo poi diventare uno dei grandi classici fra i cioccolatini italiani. Una curiosità letteraria? E’ questo locale che ispirò la celebre poesia Le Golose di Guido Gozzano. Ziccat, l’Arte del cioccolato dal 1958, è un vero paradiso per i patiti della cioccolata calda, qui davvero superlativa. E poi si viene presi per la gola, grazie alla passione dei cioccolatieri, da ricercate praline e altre prelibatezze
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Volete creare la vostra tavoletta di ciocolato personalizzata a Torino?
Volete mettervi alla prova e creare la vostra tavoletta personalizzata? Allora La Perla di Torino è il posto che fa per voi. L’azienda, nata nel 1992 grazie a Sergio Arzilli, cresciuto tra creme e bignole, offre anche l’opportunità di entrare nel laboratorio artigianale. Permette di seguire la lavorazione dei prodotti grazie a un’interessante visita guidata e di “mettere le mani in pasta” per dar vita alla propria tavoletta. E chi ama il tartufo di cioccolato, qui troverà il suo paradiso (è possibile vedere proprio come “nasce”). Tra le tante varietà, il Triple Chocolate.
Il Tiramisù (vincitore di due premi), che reinterpreta il dessert amato a ogni latitudine. Il Pistacchio e Lampone, e, ultimo in ordine di tempo, l’Ambra. Vegan a base di dattero, cocco, mandorla e cacao. In più, La Perla di Torino offre molti prodotti senza glutine, inclusi gianduiotti, tartufi, creme spalmabili e tavolette. Oltre a ciò oltre a linee senza lattosio e senza zuccheri aggiunti. Se si opta per il gluten free, da tener presente anche Chicchisani. Con le sue sfiziose praline, le torte, le paste da the, i biscotti e anche i salatini.
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Da non dimenticare un buon gelato a Torino capitale del cioccolato
E’ vero che siamo ancora in inverno, ma al gelato si può cedere comunque, soprattutto quando è una prelibatezza. Da provare quello di Alberto Marchetti che ne propone di deliziosi, in particolare al gianduja e al bonnet . “Il gelato è la mia vita”, dice Marchetti, che nella gelateria del padre a Nichelino, vicino a Torino, ha trascorso la sua infanzia. Lì ha imparato ad amare quello semplice, fatto con passione e con pochi ingredienti, buoni. Un amore che ha poi deciso di trasmettere.
Lo ha fatto producendo delizie realizzate con materie prime che va a trovare personalmente girando per l’Italia. Soprattutto attingendo in particolar modo al tesoro dei Presidi di Slow Food. Le botteghe menzionate fanno parte del circuito Maestri del Gusto di Torino e provincia. Sono selezionati ogni due anni dalla Camera di commercio di Torino, il Laboratorio Chimico camerale e Slow Food. Il tutto all’insegna della filosofia del “buono, pulito e giusto”.
Dove alloggiare. Se ne sono innamorati Maria Callas, Guglielmo Marconi, Louis Armstrong. Ma anche la Regina Elisabetta, David Bowie, Liza Minelli e Madonna. Il Turin Palace Hotel, “classe” 1872, è un pezzetto di storia della città, elegante ed esclusivo, e in ottima posizione.
Paola Babich
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