Anche quest’anno Mirano ospiterà la Fiera dell’Oca. Per un weekend all’anno, in quest’epoca frenetica di internet e smartphone, si può anche fare un tuffo nel passato, riscoprendo così le antiche radici, gli usi e i costumi di un tempo. E protagonista è l’oca, il simpatico pennuto che, da vent’anni ormai, qui ha prestato nome e immagine a un divertente gioco a grandezza naturale, disegnato attorno al caratteristico ovale della piazza.
Una sfida spettacolare tra il capoluogo e le cinque frazioni del comune, che segna il culmine di un’antica fiera ambientata all’inizio del Novecento, che ogni anno si tiene a novembre, nel weekend di San Martino, in ossequio al detto veneziano “Chi no magna l’oca a San Martin no fa el beco de un quatrin”: chi non mangia l’oca a San Martino non fa il becco di un quattrino. Perché in quei giorni il gioco, la ricostruzione storica, l’enogastronomia tipica affondano le radici nella tradizione, che vedeva in quel periodo dell’anno la carne del pennuto diventare così grassa e tenera da sciogliersi in bocca. E in un’epoca in cui i proprietari terrieri di Mirano erano in gran parte ebrei e non potevano mangiare maiale. Quest’anno l’atteso viaggio nel tempo di Mirano sarà l’11 e 12 novembre, in pieno weekend di San Martino di Tours.
In quei giorni Mirano cambierà volto: il centro storico si trasformerà in una piazza della Belle Époque, lasciando il campo a una fiera paesana di inizio Novecento.
A farla da padrona saranno gli stendardi con lo stemma sabaudo, i banchi in legno del mercato, le bacheche con gli avvisi comunali, i manifesti con le prime réclame. Ogni anno anche i moderni cartelli stradali vengono coperti con la riproduzione fedele delle insegne d’epoca e nulla sarà lasciato al caso: ci sarà lo strillone con il giornale, l’imbonitore con i suoi intrugli, le servette nel giorno di riposo, l’artigiano che impaglia le sedie, i baracconi con il fucile a elastici, i barattoli da abbattere a pallate e altri giochi di una volta.
Una tradizione che si ripete da 19 anni, da quando Roberto Gallorini, patron della Pro Loco e Sandro Zara, custode di tradizioni, decisero di ripristinare e ufficializzare queste antiche usanze: un modo per far innamorare i miranesi delle proprie radici.
Il pittore Carlo Preti, qualche anno prima, aveva creato “El Zogo de l’oca de Miran”, edizione riveduta e corretta del celebre gioco da tavola. Preti aveva ridisegnato il percorso a spirale del gioco, illustrando le 63 caselle con aneddoti, proverbi, luoghi e fatti della storia di Mirano.
Su questa base, poi, Gallorini creò quella che oggi è la manifestazione più seguita in città, capace di attirare visitatori da tutta Italia e anche dall’estero: prese il disegno di Preti e lo sovrappose alla piazza ovale di Mirano, realizzando 63 grandi caselle di due metri per due, messe in fila così da formare una passerella da 130 metri, con dadi e pedine giganti e soprattutto inventando improbabili prove di abilità che a molti ricordano i popolari “Giochi senza frontiere” televisivi di qualche anno fa.
A sfidarsi sono, da allora, ogni anno, le squadre di Mirano, Ballò, Campocroce, Scaltenigo, Vetrego e Zianigo. Una sorta di palio tra contrade, dove misurare la sana rivalità tra i campanili del comune.
Attorno all’area di Piazza Martiri, impazza per due giorni una vera e propria fiera d’epoca, dove è possibile acquistare prodotti, gustare il meglio dell’enogastronomia tipica, senza dimenticare l’assaggio propiziatorio di risotto, ravioli o salsiccia d’oca e dove divertirsi tra figuranti, situazioni e scene d’epoca.
Per informazioni: www.gallorini.roberto@tin.it
Rudy De Pol