CAPOLAVORO PER MILANO: XI EDIZIONE
“L’ADORAZIONE DEI MAGI” E’ L’OPERA SCELTA
Ci si chiedeva quale sarebbe stata quest’anno l’opera scelta dal Museo Diocesano per realizzare l’undicesima edizione del “Capolavoro per Milano” che nel passato aveva avuto per protagonisti maestri come Caravaggio, Antonello da Messina, Durer o Perugino.
L’idea vincente del progetto è di avvalersi di un esaustivo apparato didattico di grande qualità che con strategie su misura, facendo leva su spunti curiosi, coinvolga i visitatori, esperti della materia, ma anche famiglie e bambini, obbligando tutti a rallentare i tempi, abbandonando i ritmi frenetici della propria quotidianità. Lontano dall’arte mordi e fuggi, focalizzando l’attenzione su una singola eccezionale opera d’arte se ne penetrano lentamente le atmosfere, all’insegna del gusto dell’indagine e della piacevolezza estetica.
La scelta non a caso è caduta su “L’adorazione dei Magi”, un’enorme tela (misura più di tre metri in altezza) di Paolo Veronese, da lui dipinta tra il 1573 e il 1575. Proveniente da Vicenza, dalla chiesa di Santa Corona, sarà ospitata a Milano, nel Museo Diocesano Carlo Maria Martini, per un paio di mesi, esattamente fino al 20 gennaio 2019, grazie alla sponsorizzazione di UBI Banca che, custode di un patrimonio artistico ingente, è su più fronti impegnata a sostenere progetti culturali.
Sete, damaschi e velluti abbagliano lo sguardo
Lo sponsor cinquecentesco, invece, il mecenate grazie al quale il dipinto fu realizzato, appare all’estrema sinistra, alle spalle del re moro. Si tratta di Marcantonio Cogollo, ricchissimo mercante vicentino che, avendo costituito una “amicale e fedele compagnia” con alcuni soci, per vendere stoffe in Germania, nell’opera da lui commissionata al Veronese, ha voluto nobilitare la propria mercanzia, facendola sfarzosamente indossare dai Re Magi.
E’ così che broccati, damaschi, sete e velluti, abbagliano lo sguardo con le loro “luccicanze” in colori resi sgargianti, se non rutilanti, dal recente restauro. Dal “manto d’oro”, solitamente portato dai Dogi nelle celebrazioni solenni e qui indossato dal re anziano in primo piano, al mantello in velluto blu con interno in pelliccia che copre la veste rosa ricamata con filo d’oro del re moro a sinistra, dal mantello rosso in velluto “alto-basso”, proprio dei procuratori veneziani, ora appannaggio del re giovane raffigurato al centro, alla seta bianca con fodera rosa che nobilita il paggio nella parte inferiore del dipinto.
Gli elementi architettonici richiamano lo stile palladiano
Affinché non ci fossero fraintendimenti di sorta, il mercante ha voluto fosse documentato sui paraocchi del cavallo, al lato opposto del suo ritratto, il proprio stemma famigliare che ai tempi era riconoscibile più di una firma.
Altro omaggio ai gusti della committenza vicentina del tempo è la raffigurazione di elementi architettonici classici e soprattutto di stilemi palladiani. Non più l’arco in rovina dell’”Adorazione” dipinta dal Veronese e conservata a Londra, ma l’architettura grandiosa con straordinarie colonne di un edificio alla moda, un cielo nuvoloso foriero di tempesta e uno scorcio del corteo che si snoda in lontananza.
Da uno squarcio nel tetto della tradizionale capanna di legno, ad adombrare la stella cometa, filtra un raggio di luce che, con direzione diagonale, si posa su Madonna e Bambino, il “Gruppo divino” che, come in altri dipinti di quegli anni, Veronese pone a un’estremità della tela, seguendo la disposizione della Pala Pesaro di Tiziano, grande fonte d’ispirazione.
Come è rigorosamente documentato nel catalogo realizzato da Nadia Righi, l’entusiasta curatrice della mostra, Veronese riceve l’incarico di dipingere l’Adorazione dei magi per la chiesa di Santa Corona, dove sono sepolti i Cogollo, quando è già un artista famoso non solo per importanti opere di destinazione ecclesiastica, ma per grandiosi “teleri” richiesti da committenti veneziani per esposizione in ambito privato.
Reliquie dei Re Magi in mostra per l’occasione
Personaggi contemporanei sono protagonisti, insieme alle tradizionali figure religiose, in una fastosa scenografia teatrale perfettamente orchestrata, il cui intreccio compositivo raggiunge gli apici della sontuosità pittorica propria del Rinascimento veneziano.
Paggi e servitori lussuosamente abbigliati, contornati da piccoli cani da corte, sembrano far dimenticare la sacralità e la misticità dell’evento per dar corpo a una festa cinquecentesca, dove anche i doni, l’oro, l’incenso e la mirra sono presentati in preziosissimi contenitori che sembrano uscire dalle mani di un gioielliere rinascimentale.
Per l’occasione della mostra, in uno dei chiostri della Basilica di Sant’Eustorgio saranno visibili reliquie dei Re Magi gelosamente conservate in prezioso reliquario degli inizi del ‘900. Fu proprio Carlo Maria Martini, cui è dedicato il Museo, a ottenerne una piccola quantità dal Duomo di Colonia dove la tradizione dice fossero state portate da Federico Barbarossa dopo la distruzione di Milano.
Mito che diventa realtà. Ora come un tempo.
Per informazioni: www.chiostrisanteustorgio.it – www.arte.ubibanca.com
testo e foto di Maria Luisa Bonivento