Il piacere del buon cibo aumenta il valore di qualunque viaggio e in Giappone convivono numerose tradizioni culinarie deliziose. Alcune sono ben conosciute in Occidente, altre invece, attendono solo di essere scoperte.
È questo il caso del “Washoku”, una delle pochissime cucine riconosciute dall’UNESCO come Patrimonio culturale immateriale del mondo e segreto della longevità dei giapponesi.
La parola “Washoku” letteralmente significa ‘cibo giapponese’ ma racchiude in sé un significato speciale, evocato dal “kanji” “wa”, che vuol dire anche armonia.
Ed è questo l’aggettivo che meglio descrive oltre quattrocento anni di tradizione culinaria basata sulla bontà degli ingredienti, sulla valenza estetica della pietanza e sulla ritualità del pasto. Tutto ruota intorno al rispetto della natura e all’alternanza delle stagioni, i cui prodotti vengono intagliati e accostati come fossero opere d’arte. Gli ingredienti, siano essi vegetali, frutti o pesci, sono raccolti o pescati nel loro miglior momento stagionale, chiamato “shun”. Solo così ogni elemento potrà infondere al piatto il massimo del sapore e della fragranza.
Il “Washoku” raggiunge le vette più sublimi con il “kaiseki”, un insieme di ricette, abilità e tecniche culinarie. Si distinguono essenzialmente due rami di questa tradizione, ovvero il “kaiseki-ryori” e il “cha-kaiseki”.
Il primo termine si riferisce al pasto offerto dai samurai ai propri ospiti, mentre il secondo al banchetto antecedente alla cerimonia del tè. In entrambi i casi la struttura del banchetto era composta da una zuppa, una portata principale, due contorni e una ciotola di riso, anche se oggi si è evoluta molto ed è possibile gustare, nei ristoranti di lusso e nei “ryokan” sparsi in tutto il Giappone, numerose portate preparate secondo questa tradizione.
Manifestazione di questa costante ricerca della perfezione, dell’armonia e della buona salute è il “shojin ryori”, la dieta dei monaci buddisti. Attraverso ricette basate esclusivamente sul tofu, riso e sulle verdure, gli asceti purificano il proprio corpo e la propria anima. Sul Monte Koya è possibile dormire nei templi (“shukubo”) ed essere ammessi alla tavola degli anacoreti per gustare questi delicati piatti dal sapore inconfondibile.
Fondamentale in ogni pasto preparato secondo la tradizione del Washoku è il “dashi”, un consommè di pesce usato come ingrediente base per ogni zuppa e come elemento liquido di tantissime portate. Convivialità e ingredienti di stagione sono gli elementi cardine sia della tradizione sia del “nabemono”, uno degli stili di più famosi della cucina giapponese: in una grande pentola il “dashi” viene tenuto in caldo con una piastra elettrica e i commensali vi intingono diversi ingredienti per poi accompagnarli con tofu e verdure fresche. Il tutto mentre si chiacchiera con gli amici e con la famiglia in armonia.
Per completare la vostra esperienza sul “Washoku”, una volta nella terra del Sol Levate, potrete scoprirne i segreti sul campo grazie ai corsi organizzati dalle molte scuole di cucina nipponiche.