Mostra del Tiziano a Brescia. Siamo a Brescia, nella collegiata dei Santi Nazaro e Celso, dove cinquecento anni fa, il 31 maggio del 1522 era stato collocato un monumentale polittico. Formato da cinque dipinti ad olio su tavole, è conosciuto con il nome di “Polittico Averoldi”, uno dei primi capolavori di Tiziano Vecellio.
Per celebrare la ricorrenza, è stata allestita una particolare struttura che porta i visitatori a sette metri d’altezza. Così da permettere la visione ravvicinata del dipinto che, per la sua fragilità, non può sopportare spostamenti, e che si trova tuttora nella collocazione originaria.
Polittico Averoldi del Tiziano in mostra a Brescia
La denominazione Averoldi si riferisce al cognome del committente, il domenicano Altobello Averoldi (1462-1531). Già vescovo di Pola e nunzio papale, “preposito” nel 1512 della chiesa dei Santi Nazario e Celso, aveva voluto adornarne l’altar maggiore con una “opera de Pictura” del più rinomato artista del momento. Ormai pittore ufficiale della Serenissima. Si dice che la motivazione, non così nobile, fosse in realtà ispirata da un sentimento astioso di rivalità nei riguardi del canonico Broccardo Malchiostro. Quest’ultimo si era permesso infatti di commissionare a Tiziano un’”Assunta” per il Duomo di Treviso. Nel polittico il committente appare raffigurato in primo piano, in basso a sinistra, quale adorante spettatore/partecipe nella scena sacra. Con le mani giunte in preghiera, rivela, attraverso la tunica domenicana che indossa, la propria identità di uomo di Chiesa del Cinquecento.
A Venezia, ai tempi sempre all’avanguardia in tutto, la tipologia tipica del polittico di forma quattrocentesca era già passata di moda all’epoca in cui fu commissionata (1519). Ma la moda era ancora attuale a terraferma, e quindi anche a Brescia. Il giovane Tiziano, non volendo certo perdere l’importante commissione, escogitò una serie di escamotages per apportare dei rinnovamenti al concetto di polittico ormai obsoleto. Cercò quindi di creare un’unità scenica che, nei cinque scomparti, andasse oltre il limite fisico dei pannelli.
Le sue “invenzioni pittoriche” si possono riassumere nel far convergere la postura delle varie figure verso la magnetica scena centrale in cui si svolge la Resurrezione. Inoltre fa diffondere nei vari “scomparti” un’unica corrusca atmosfera fatta di contrasti chiaroscurali. Le tonalità e le luci proprie del passaggio tra la notte e l’alba sono perfette per accomunare i vari dipinti. Quasi si trattasse di una sola gigantesca tela dove le corniciature assumono la funzione di focalizzare e di guidare lo sguardo.
In mostra a Brescia, la Resurrezione del Tiziano
Negli anni venti dell’Ottocento, la cornice originale distrutta fu sostituita da quella attuale. Solo una parte, di forma rotonda, con inscritta la data e la dedica di Averoldi è tuttora conservata in museo.
Il capolavoro, composto da cinque tavole di tre diverse misure, portatore di innovazioni stilistiche ed estetiche, è considerato dalla critica una delle pietre miliari del Rinascimento. È in realtà rimasto l’unico polittico nella lunghissima carriera artistica del maestro cadorino.
Resurrezione è il titolo della tavola centrale (278×122 cm.) anche se la sua iconografia risulta coinvolgere il tema dell’Ascensione.
La classicità statuaria del nudo del Cristo trionfante è ispirata nella sua posa, secondo Hourticq (1919), alla celebre statua ellenistica del Laocoonte. Sollevato sopra al sepolcro, il Salvatore, come librato in diagonale, alza lo stendardo simbolo della vittoria sulla morte. La scena appare animata dal vento che sempre vivifica i paesaggi ideati dal pittore originario delle montagne del Cadore.
I bagliori luministici dai toni rossastri e i drammatici effetti di controluce del paesaggio, raffigurato in posizione centrale all’interno del dipinto, assurgono a elementi unificatori dell’intera opera. Si tratta di “sbattimenti” luminosi che appaiono assai differenti dalla luce ambrata ed elegiaca, propria del mito. Quella luce che bagna la pittura dei Baccanali Estensi, dipinti da Tiziano nello stesso periodo.
L’Angelo annunciante del Tiziano
Posizionata nella tavola d’apertura in alto a sinistra, la figura dell’arcangelo Gabriele sembra irrompere nella scenografia dell’intera pala. Entità eterica, per nulla ascetica o emaciata, appare incoraggiata e spinta alle spalle da un vento divino che illumina e gonfia le sue vesti. Facendo così vibrare la vita anche nelle ciocche inanellate dei suoi capelli ramati. Color rosso Tiziano, appunto. La tensione e la dinamica dell’immagine appaiono intensificate, non impoverite, dal tipo di messa a fuoco che smargina le ali dell’arcangelo, un tratto della cintura svolazzante. Ma anche una parte del cartiglio e perfino la mano destra. Lo spazio che potrebbe sembrare inadeguato alla grandezza spirituale dell’angelo, carico di presagi, ne concentra in realtà la potenza. Il tacito annuncio si manifesta, sia attraverso il saluto “Gratia plena” scritto sul cartiglio, dispiegato quasi fosse un manifesto. Sia con lo sguardo che, oltrepassando il Cristo, fissa Maria, raffigurata nella tavola contrapposta.
L’immagine di Maria, nel pannello in alto a destra, ripete felicemente il tipo muliebre tizianesco. Appare di profilo come l’angelo, ma con lo sguardo abbassato in segno di modestia e di obbedienza.
Mostra del Tiziano a Brescia, San Nazzaro e San Celso con Altobello Averoldi
Nel pannello in basso a sinistra, sono ritratti sia i santi titolari della chiesa cui il polittico è stato da sempre destinato, sia il committente, inginocchiato come voleva tradizione. Una figura, questa che richiama l’altro famoso donatore, il Gozzi, raffigurato nella pala di Ancona. E anticipa anche il committente veneziano Pesaro che di lì a poco sarebbe stato immortalato nella famosa pala nella chiesa dei Frari. In piedi S. Nazaro dai tratti cavallereschi, splendente nella sua lucente corazza, riporta a ricordi giorgioneschi. Tanto importanti nelle creazioni artistiche del giovane Tiziano.
La presenza dei devoti o del committente costituiva una situazione alquanto abituale, già attestata in esemplari pittorici di ambito belliniano. Di norma, l’inserimento di tali figure ubbidiva a regole piuttosto rigorose. Queste prevedevano, tra l’altro, la collocazione del ritratto di profilo e in posizione tale da non interferire con il registro sacro della scena. Diremmo oggi, una sorta di “selfie” discreto che il committente richiedeva al pittore di grido.
San Sebastiano
La classicità scultorea, secondo Von Liphart (1912), è ispirata a “Lo schiavo ribelle” di Michelangelo. Attraverso copie o disegni autografi, Tiziano potrebbe averlo conosciuto ai tempi. Questa classicità scultorea non appare isolata, ma inserita in una natura animata, esaltata da contrasti di luce. Interessante background è un foglio di studi preparatori, conservato in un museo berlinese. Su carta azzurra vi appaiono le varie fasi della ricerca condotta da Tiziano, tracciate a penna, pennello e inchiostro bruno, con rapidità e fluidità.
Nello spazio limitato, la figura del santo dal vigore anatomico e dall’energia trattenuta sembra essere compressa. Eppure Tiziano è riuscito a raffigurare anche un angelo e San Rocco seminascosti nello sfondo boscoso. Un’invenzione che, attraverso il gioco delle proporzioni, sortisce l’effetto di creare profondità.
Una curiosità. Nei volti di Cristo e di San Sebastiano, dai lineamenti sorprendentemente simili e dal naso affilato, si possono forse ravvisare due casi di criptoritratti. Cioè di autoritratti “mascherati” di Tiziano trentenne. Una sorta di firma iconografica che, in altri casi, può apparire solo un curioso modo per apparire. Qui sarebbe volta ad attestare la partecipazione spirituale dell’autore all’evento religioso.
Dietro le quinte della mostra del Tiziano a Brescia
Un rischio. Il dipinto raffigurante San Sebastiano era stato molto ammirato da subito, nello studio del pittore. Frequentato abitualmente da intenditori e visitatori, tutti notarono quanto l’opera fosse assolutamente innovativa. Tiziano, infatti, anticipando i tempi, pareva riuscire a inserire la nuova “terribilità” michelangiolesca in grande auge. In una visione pittorica particolarmente viva e per questo ancor più suggestiva. Fatto sta che Alfonso I d’Este, duca di Ferrara, forse il più importante committente, tentò, attraverso il proprio ambasciatore Jacopo Tibaldi, di “soffiare al legato pontificio” il prezioso pezzo che avrebbe voluto sostituire con un’altra versione.
In realtà, Tiziano, proprio grazie ad Alfonso, aveva potuto entrare in contatto con altri nobili committenti. Quali Isabella d’Este, sorella del duca, Francesco Maria della Rovere. E ancora Federico Gonzaga che lo avrebbe presentato nientemeno che all’imperatore Carlo V d’Asburgo, il cui figlio, Filippo II gli avrebbe commissionato una serie senza fine di dipinti. L’artista, sempre molto attento alle pubbliche relazioni, avrebbe forse potuto mostrarsi disponibile alla cessione. Ma fu Alfonso stesso a toglierlo d’impaccio, decidendo di desistere dall’acquisto. Proprio per non inimicarsi il suo concorrente che, guarda caso, era un rappresentante del Papa. Infatti in una sua lettera, datata il 23 dicembre e indirizzata al fido Tibaldi, gli toglie ogni possibile velleità.
Informazioni tecniche sulla mostra del Tiziano a Brescia
La firma e la data 1522 sono dipinte nel rocchio sul quale San Sebastiano poggia il piede destro “Ticianvs faciebat/MDXXII”.
Un grazie allo storico dell’arte Davide Dotti e a Elena Frosio che hanno ideato e curato l’iniziativa. E all’azienda bresciana Antares Vision che, nella persona di Emidio Zorzella, ha permesso di apprezzare, da una prospettiva inedita, la qualità materica dell’opera alla distanza di soli 2 metri e mezzo. Una posizione ravvicinata che permette perfino di individuarne i ripensamenti pittorici, a occhio nudo. Concentrandosi nella figura dominante del Cristo, ci si può divertire a scoprire tracce di ripensamenti nel tessuto svolazzante che gli cinge i fianchi e nella posizione delle gambe.
Ma “A tu per tu con Tiziano e con il mistero della Resurrezione”, l’indagine è aperta e stimolante.
Fino al 3 luglio 2022, solo il venerdì e il sabato dalle 10.00 alle 17.30 e la domenica dalle 11.00 alle 17.30. La visione dell’opera è organizzata per piccoli gruppi di meno di quindici persone che, accompagnati da volontari, saranno anche dotati di audioguida.
Catalogo Epta edition: € 5.00
Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 392-7697003; visite politticoaveroldi@gmail.com