Viaggio alla scoperta delle Marche. Non è semplice parlare di vacanze o weekend in questo periodo, quando l’emergenza covid-19 avanza, ma proprio per questo è importante trovare luoghi che possano conciliare il piacere della scoperta e del relax con la tutela della salute. Ed è questa l’idea che ha motivato nove Comuni delle Alte Marche (PU), che hanno pensato di presentarsi uniti per proporre un abbinamento tra specialità tipiche… di vario tipo: cibi, vini, birre, bellezze architettoniche e naturalistiche del territorio.
I magnifici nove, in un viaggio alla scoperta delle Marche
I magnifici nove Comuni delle Alte Marche sono Acqualagna, Cagli, Cantiano, Apecchio, Piobbico, Frontone, Sassoferrato, Serra Sant’Abbondio, Arcevia. Accompagnano in un viaggio alla scoperta delle Marche, sono vicini fra loro, offrono varie soluzioni per alloggiare, dall’hotel tradizionale all’appartamento di charme. Si può fare base in un Comune e spostarsi in auto, il mezzo migliore per esplorare luoghi che distano fra loro al massimo qualche decina di chilometri. Consapevoli dell’emergenza sanitaria del momento, sia all’aperto che in ogni locale c’è l’obbligo d’indossare la mascherina e di rispettare i distanziamenti previsti per legge. Norma che abbiamo trovato ottemperata ovunque, insieme a un’abbondante presenza nei locali, fuori e dento, di dispenser con il disinfettante per le mani. In musei e castelli l’ingresso è contingentato ed è opportuno prenotare per verificare gli orari di accesso, che ora possono aver subito modifiche.
Iniziamo allora questo viaggio alla scoperta delle Marche, incentrato sulla storia e la gastronomia, ma non solo: abbiamo cercato di scovare anche un po’ di gossip “d’epoca”.
Il tartufo di Acqualagna
Il viaggio alla scoperta delle Marche parte da Acqualagna, dove la tradizionale Fiera Nazionale del Tartufo Bianco quest’anno è stata annullata proprio per non creare assembramenti. Sarebbe stata la 55esima edizione, ma, come spiega il sindaco Luca Lisi, non dovremo rinunciare al pregiato Tuber Magnatum Pico. “Fino al 31 dicembre – spiega Lisi – il Tartufo Bianco si può acquistare nei diversi punti vendita e gustare nei ristoranti del territorio”. Questo vuol dire che ogni ristorante, osteria o trattoria sono perfettamente in grado di servire pranzi e cene al tartufo (prenotare prima, distanziamento assicurato). Tartufi e preparati si possono inoltre acquistare nei negozi specializzati (come Marini Tartufi in Piazza Mattei).
Museo interattivo per il tartufo
Il viaggio alla scoperta delle Marche porta anche a visitare il Museo del Tartufo, interattivo. Si trova in Piazza Mattei. Visite su prenotazione tel. 334 9204001, www.acqualagna.com. Il Museo racconta la storia e la ricerca del tartufo. Ha anche spazi tematici dove vengono simulati banchetti con relative ricette, e può organizzare eventi per piccoli gruppi, naturalmente prenotando (info tel. 3349204001). Allo stesso recapito si possono chiedere le informazioni per visitare l’adiacente, nell’omonima piazza di Acqualagna, Casa Natale di Enrico Mattei. Qui nacque il fondatore e Presidente dell’Eni, morto nel 1962 in un incidente aereo ancora oggi non chiarito.
Gossip d’epoca nella Gola del Furlo…
Ed ora veniamo al gossip, a quel che “si dice e non si dice” e ci fa divertire nella nostra vacanza alla scoperta delle Marche. Si dice, e questa è storia, che all’inizio di quella meraviglia che è la Riserva Naturale Statale Gola del Furlo c’era e c’è anche ora una locanda dove Benito Mussolini amava sostare, quando da Roma andava nella natia Predappio. Nel suo viaggio passava di qui, alla Gola del Furlo, e si fermava a gustare piatti al tartufo e pernottare.
Il gossip dice che in zona avesse una “storia” con una signora del luogo e i più maligni raccontano che sia nato un figlio. Ci sono comunque anche fonti secondo le quali non di rado Mussolini transitava qui accompagnato dalla moglie. Oggi nella locanda c’è ancora la sua camera, che si può visitare: è austera, mobili scuri e solo l’essenziale. Ma se il comfort era modesto nell’intimità, non era tale a tavola.
La salsina al tartufo amata da Mussolini
Amava il tartufo in ogni preparazione, e diventò famosa una frittata di 12 uova con il pregiato tubero, che riuscì a mangiare da solo, salvo poi star male tutta notte e allertare la polizia che temeva un avvelenamento! Di questa preferenza rimane ancora oggi una salsina a base di tartufo bianco, burro e formaggio, una ricetta segreta e corroborante che il Duce non mancava di farsi preparare e che si può trovare nei negozi specializzati di Acqualagna.
Il profilo del Duce sul Pietralata
E sempre in zona e a proposito del Duce, c’è la storia “a tinte gialle” del famoso profilo di Mussolini. La Milizia Nazionale Forestale lo fece scolpire nel 1936 sul monte Pietralata. Un profilo gigantesco che guardava il cielo. Il progetto, che aveva un intento elogiativo, era dell’ingegner Mainardi, che forse si aspettava un grazie, ma raccolse solo dispiaceri. Il destinatario di tanta opera disse in giro che gli pareva di essere stato ritratto dormiente, altro che in posa di dominio! Si dice anche che l’ingegner Mainardi morì pochissimi anni dopo. Alla fine della guerra l’opera fu distrutta, almeno in parte, ma oggi è ancora parzialmente visibile.
Le aquile della Gola del Furlo
Aquile reali volteggiano in alto, per la gioia di chi fa birdwatching. La natura domina ancora e si possono esplorare la gola e i contrafforti montuosi anche grazie agli itinerari in bici con pedalata assistita. Proposte e noleggio da Marcheandbike, info con whatsapp, 3425295769.
Viaggio alla scoperta delle Marche tra tartufo & birra
Dal tartufo alla birra. Un connubio che può sembrare azzardato, ma che non lo è per i cultori di questa bevanda prodotta dai birrifici artigianali della zona, che utilizzano l’acqua pura che arriva dal Monte Nerone. Apecchio è il paese dell’Alogastronomia, che come spiega Angelo Serri, direttore di Tipicità e Gran Tour delle Marche. “E’ un neologismo che indica un filo conduttore tra birra artigianale, prodotti di qualità e territorio di provenienza”. Qui ha infatti sede l’Associazione Nazionale Città della Birra, presieduta dal suo Sindaco. Soci fondatori sono otto Comuni delle Marche (Apecchio, Fermignano, Cantiano, Serra Sant’Abbondio, Monte Porzio, Arcevia, Servigliano, Comunanza), uno dell’Umbria (Montone) e uno dell’Abruzzo (Fossa). Per conoscere tutte le info aggiornate sulle iniziative, “Città della Birra” tel. 3383394242; cittadellabirra@gmail.com.
L’antica razza dei cavalli del Catria: viaggio alla scoperta delle Marche
Dopo una gita a cavallo, durante la vancanza alla scoperta delle Marche, cosa ci può essere di meglio di un goloso spuntino di salumi locali accompagnati, neanche a dirlo, da un boccale di birra a km 0? Ci viene offerto al Centro Ippico Badia di Fossato di Chiaserna (tel. 0721790800), Cantiano, dove si può scoprire il mondo dei cavalli del Catria. Sono l’unica razza riconosciuta marchigiana, (sono circa 500 allo stato brado) e di loro si ha già notizia nell’anno Mille. Nel tempo la razza ha subìto modifiche, con incroci con cavalli maremmani, dato che nell’ ‘800 c’erano scambi frequenti fra questi carbonai e la Maremma grossetana. Sono cavalli utilizzati fin da tempi antichi per trasportare la legna dai boschi.
I conduttori, i vetturini, li guidavano con la voce, tanto erano docili. Così negli anni Ottanta iniziò un progetto (ultimato nel 1997) per un miglioramento genetico atto a rendere questo cavallo, basso e un po’ tozzo, più agile e da sella. E oggi lo è: alto m. 1,50- 1,60 al garrese, è ben proporzionato e mantiene l’indole docile che si riflette nei suoi occhi dolcissimi. Il Centro Ippico di Badia di Fossato di Chiaserna ha una quarantina di esemplari, dispone di una grande struttura coperta ma la cosa più bella è una passeggiata nei primi contrafforti del Monte Catria.
Si respira la storia nel Castello Brancaleoni
Il viaggio alla scoperta delle Marche ci porta dai cavalli… ai cavalieri, ovvero ai protagonisti di quelle gesta “d’armi e d’amori” come i Brancaleoni, che hanno edificato un castello imponente, quello di Piobbico. Il maniero va assolutamente visitato, e se le stanze sono spoglie di arredi, sono ricche di affreschi e di storie. Sorse nel Medioevo come fortilizio (quest’ala oggi è un interessante museo). Il secondo blocco lo edificò Antonio Brancaleoni fra il 1570 e il 1585. La leggenda racconta che quando ritornò dalla battaglia di Lepanto (1571) si fosse arricchito grazie a un riscatto ottenuto dal rapimento di un emiro turco. E fu così che furono costruite sale decorate con stucchi e affreschi ispirati a miti romani e greci, che ancora oggi incantano con la loro bellezza.
Degno di nota è l’oratorio dedicato a San Carlo Borromeo, che qui sostò. Stupisce nel cortile d’ingresso, l’orologio del 1510, con due quadranti, uno verso il paese coi numeri in senso orario e l’altro, verso il cortile, in senso antiorario. L’intero complesso in tutto ha 130 stanze e quando si visitano vien da chiedersi come si vivesse qui oltre cinquecento anni fa, senza televisione, senza internet… Alzando gli occhi al soffitto della Camera Romana vediamo scene di vita dell’epoca con affreschi datati 1574. Uno rappresenta il ritratto della famiglia del Conte Antonio II, con moglie e figli (otto maschi e una bimba) e due cagnolini in primo piano. I ragazzini sembrano fatti e vestiti in fotocopia, la piccola ha l’aspetto timido e la madre, Laura Cappello, guarda il marito con aria fra il supplice e il determinato, come a dire “Ora sono nove, se vuoi altri cuccioli prendiamo dei cani”.
Le cucine del maniero di Frontone
Restiamo in tema di castelli nel nostro viaggio alla scoperta delle Marche. Senza andare troppo lontano, a Frontone, troviamo un maniero risalente al XI° secolo, che dall’alto del suo sperone di roccia domina la vallata. Dopo svariate vicissitudini e anni di abbandono, il castello è stato acquistato e restaurato dal Comune di Frontone nel 1985 ed oggi è visitabile. Fra gli ambienti che più colpiscono il visitatore c’è l’antica cucina, molto grande e molto bene attrezzata per l’epoca. Che sia in un luogo come questo che è nata la crescia, una sorta di focaccina tipica, schiacciata e cotto sulla brace del camino? E’ buonissima, viene servita in ristoranti, osterie e trattorie, a spicchi accompagnata da erbette e patate saltate con aglio e olio, e salumi, formaggi, grigliate di carne.
Viaggio alla scoperta delle Marche, tra dipinti e curiose liason
Ci si sposta, nel viaggio alla scoperta delle Marche, a Sassoferrato, dove c’è da vedere la Chiesa di Santa Chiara, che custodisce due importanti dipinti: la “Vergine orante, Mater dolorosa” e l’Annunciazione” di Giovan Battista Salvi, pittore del ‘600 noto come il Sassoferrato. Nella chiesa c’è anche il piccolo Santuario che custodisce l’immagine della Madonna con il Bambino, detta “delle grazie” perché ritenuta miracolosa fin dal Settecento. Attiguo c’è il monastero risalente al 1253, dove abitano ancora alcune suore che realizzano piccoli oggetti (rosari, braccialettini, segnalibri) ceduti… sulla fiducia, infatti non c’è nessuno a vendere e chi acquista è invitato a mettere un’offerta in una cassettina.
Importante è poi il Complesso di San Pietro, con opere di pittori locali, e una canonica che racchiude antichi reperti e libri. E qui ecco un gossip… antico! C’è infatti una cella-prigione, dove fu recluso nel Settecento un frate con l’accusa di avere avuto una liason con una parrocchiana sposata. Il religioso affidò a una scritta sul muro, perfettamente visibile anche oggi, la sua protesta di innocenza, definendo la donna in questione con epiteti ben poco signorili. Pare comunque che al frate bricconcello andò meglio rispetto alla monaca di Monza, e che se la sia cavata con un paio d’anni di cella.
Serra Sant’Abbondio, terra di Celti. Viaggio alla scoperta delle Marche
Dai pettegolezzi ultracentenari a un passato ancora più remoto, che si perde nella notte dei tempi. Andiamo a Serra Sant’Abbondio, il Comune più alto e più piccolo della zona (nemmeno 1.000 abitanti), ma con una storia che risale nientemeno ai Celti, le cui memorie si trovano nella piccola e curata raccolta di reperti celti trovati nel territorio e sul monte Catria. Sono piccoli monili, fibule, pugnali e spade con la punta spezzata come si usava fare allora quando si mettevano armi nelle tombe dei guerrieri.
La mostra si trova nel Municipio, è visitabile gratuitamente, su prenotazione, tel. 39 0721 700226; 39 335 1230615. L’ascendenza celtica si ritrova, nell’usanza di festeggiare la nascita di un bambino tagliando un albero sul monte Catria, piantandolo in giardino e decorandolo. Chissà se arrivano dalla storia remota anche le pencianelle, losanghe di pasta preparata con due tipi di farine, il cui segreto è custodito gelosamente dalle massaie. Condite con un sugo di salsiccia e fagioli, rappresentavano il pranzo, sostanzioso e buonissimo, di chi lavorava nei campi.
La Biblioteca Dante Alighieri e la Bibbia poliglotta
Pochi chilometri da Serra Sant’Abbondio il viaggio alla scoperta delle Marche ci fa fare un altro salto nel passato. Arriviamo al Monastero benedettino di Fonte Avellana, fondato da San Romualdo nel 980 tra i boschi del Monte Catria. Notevole impulso diede all’abbazia San Pier Damiani, (qui monaco e poi priore dal 1043), al quale Dante Alighieri dedicò il XX° canto del Paradiso. E si dice che Dante stesso abbia soggiornato fra queste mura che oggi, nelle biblioteche, conservano oltre 30 mila volumi: la biblioteca dedicata a Dante Alighieri ne custodisce più di 7 mila. Fiore all’occhiello è la Bibbia Poliglotta del 1657, ovvero scritta in sei lingue: ebraico, greco, siriaco, targum (versione in lingua aramaica della Bibbia ebraica), ebreo-samaritano e arabo, con vicino la traduzione in latino.
Qui i monaci non vestono con il saio ma seguono la regola di San Benedetto, cioè di vestire come la gente comune. Nel monastero si può anche alloggiare, e sotto le antiche volte della foresteria si può pranzare molto bene, previa prenotazione, il sabato e la domenica dopo la Santa Messa in una grande sala, sedendo a lunghi tavoli dove la distanza tra commensali è più che rispettata.
Arcevia e la Madonna dei miracoli di Giovanni della Robbia
Restiamo nel passato sempre percorrendo pochi chilometri, ed eccoci ad Arcevia (un tempo Rocca Contrada), città piccola oggi ma molto importante nel Medioevo. Infatti oggi vanta 9 castelli, che fra il Duecento e il Quattrocento furono presidi militari per difendere il territorio. Molto gradevole il centro storico, con Piazza Garibaldi e il Duecentesco palazzo Comunale. Anche qui si scoprono capolavori artistici.
Nella Collegiata di San Medardo (risalente al 1208, anche se la costruzione attuale risale al 1634) troviamo lo splendido Altare della Madonna dei Miracoli di Giovanni della Robbia e, di fra Mattia della Robbia, il Crocefisso in terracotta. La chiesa conserva anche pregevoli opere del Signorelli e di altri artisti locali. Nel vasto complesso di San Francesco, all’interno dell’omonimo convento oltre al Museo Archeologico ci sono la Biblioteca, l’Archivio Storico, e raccolte di arte contemporanea dedicate a Quirino Ruggeri, allo scultore Edgardo Mannucci e al pittore Bruno d’Arcevia.
Mays Ottofile, curiosa scoperta nel viaggio alla scoperta delle Marche
Capolavori da ammirare e capolavori da gustare. Perché è un piccolo capolavoro da portare in tavola la polenta preparata con il Mays Ottofile di Roccacontrada (il vecchio nome di Arcevia) macinato a pietra, un mais riscoperto nel 2005 da Marino Montalbini e che deve il nome Ottofile alla disposizione dei chicchi sulla spiga. Con questo mais si prepara una polenta straordinaria, saporita e cremosa, buonissima, che si può condire con sugo ai funghi alla salsiccia o anche solo semplicemente con un filo d’olio extravergine di oliva delle Marche. Con questo mais viene preparata anche una crescia di polenta davvero particolare e buonissima.
Il torrione Martiano, simbolo di Cagli
Alla fine di questo viaggio alla scoperta delle Marche eccoci a Cagli, che non è certo l’ultimo Comune per importanza, anzi anch’esso regala sorprese. E’ caratterizzato dall’imponente Torrione Martiniano, simbolo della città. E’ ciò che resta della Rocca Calliense costruita nel 1481 da Francesco di Giorgio Martini. Illuminato nella sera, è davvero un cuore della città! Ovviamente diverso, ma ugualmente molto amato dagli abitanti, è il Teatro Comunale, che risale al 1871 quando fu edificato al posto del precedente Teatro delle Muse. Dopo lunghe vicende fu restaurato nel 1999 e da quando è stato riaperto, è diventato un punto di riferimento per artisti italiani ed internazionali, che qui vengono, ospiti, per preparare i loro lavori e mettere in scena le anteprime. Ricco di decorazioni, di elaborate cornici, di figure simboliche, è un vero gioiello.
Tra le opere di Giovanni Santi, padre di Raffaello
A proposito di capolavori, famoso è l’affresco di Giovanni Santi, padre di Raffaello Sanzio (gli studiosi identificano in un angelo le sembianze del giovanissimo Raffaello), che si trova nella Chiesa di San Domenico. Fu commissionato da Pietro Tiranni in memoria dell’amata moglie, ed eseguito dal pittore nel 1492, due anni prima della morte. Al centro dell’opera troviamo la Madonna con il Bambino e quattro Santi, mentre in alto c’è il Cristo Risorto. Grande precisione stilistica, toni smorzati nei colori, tutta la simbologia religiosa è presente in questa opera di grande eleganza. Un’opera che si potrebbe definire in po’algida, di maniera, se non fosse per lo sguardo dolce della Madonna e per quel Bambino che lei tiene sulle ginocchia e che si regge con una manina al suo scialle, come a cercare un appoggio sulla sua mamma mentre si alza in piedi e si guarda intorno.
Un’immagine tenera e bellissima che ci resta negli occhi concludendo il nostro viaggio alla scoperta delle Marche, ricche di tesori da scoprire.