SUONI E COLORI DEL MONDO LADINO

La prima cosa che vi salterà agli occhi sarà un cartello stradale in tre lingue. Poi sarete accolti da un Bëgnodüs che vi farà capire che il benvenuto in questo angolo di Südtirol ha un suono particolare, tutto suo. Le Dolomiti, i pallidi monti Patrimonio Unesco, sorvegliano questo territorio che appartiene ai ladini assieme alla bandiera tricolore a bande orizzontali blu – bianco – verde, la bandiera ufficiale dell’area ladina, simbolo di una terra verde di prati e boschi, bianca con la neve invernale e dai cieli di un blu intenso.

Alta Badia

Alta Badia

Les Viles

I suoni sono quelli della lingua nata dall’incontro tra i figliastri di Augusto – Druso e Tiberio – che nel 15 a.c. arrivano sulle Alpi con le truppe romane che parlano latino volgare, e le popolazioni locali – i Reti – che parlano una lingua antica come l’etrusco. Da qui ne scaturisce il retoromano ossia la lingua ladina che si diffonderà in tutto l’arco alpino e che, dopo le migrazioni germaniche che portano la lingua tedesca, si consoliderà nelle Dolomiti, in Friuli e in Svizzera. E per continuare con i suoni, oltre ai canti dei gruppi folcloristici può capitare di sentire le Ganes, tre ragazze il cui pop è ladino.

Per capire storia, tradizioni, lingua della Val Badia ma di tutte le valli ladine che si stringono attorno al massiccio del Sella (Val di Fassa, Val Gardena, Val Badia, Fodom ossia i veneti Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia, e poco più in là Cortina e l’Ampezzano) conviene incamminarsi, magari accompagnati da una appassionata guida, alla scoperta delle viles.
Il percorso consigliato si snoda nel comune di Badia. Da La Villa il sentiero sale a mezza costa e prosegue ai piedi della ripida, ritta, maestosa parete del Sas dla Crusc. A Cianins si vedono gli insediamenti rurali, le viles che nella quota compresa fra i 1200 e i 1700 metri, a partire dall’alto Medioevo, raggruppano piccole comunità con percorsi di collegamento tra i fondi agricoli distribuiti con equità fra i vari masi.

Enrosadira sul Sas dla Crusc-foto Vittorio Galuppo

Enrosadira sul Sas dla Crusc-foto Vittorio Galuppo

Ospitalità ladina

Sono gruppi di case, alcune risalenti al XVI secolo, normalmente costruite di pietra al piano terra e di legno al primo piano con ballatoi che fungevano da essiccatoi, a fianco la stalla con al primo piano il fienile. Piccole costruzioni di servizio come forni e granai erano di uso comune. Arrivati ad Oies verrà svelato un piccolo mistero. Non c’è chiesa, piccola o grande, che nella zona dei ladini non esponga l’immagine del santo dei ladini che susciterà simpatia ai viaggiatori. San Ujöp (Giuseppe) Freinademetz, nato a Oies nel 1852, sente la vocazione missionaria e di viaggiatore tanto da partire per la Cina nel 1879 e innamorarsi così tanto del paese da rimanerci per 30 anni senza più tornare in patria.

Nelle sue lettere racconta usi, costumi e carattere dei cinesi, sottolinea le differenze con gli europei e fa capire che il suo mondo è là.  La casa natale e la nuova chiesa, costruita nel 1975 con un progetto che unisce il legno e la pietra tipicamente ladini con forme di stile orientale, sono meta di pellegrinaggio.

Il percorso continua ammirando la vallata che si apre verso ovest ai piedi del Gardenaccia e verso sud. Non si potrà non pensare a Dolomieu e alla scoperta della roccia di cui sono fatti questi monti. Se vi capita chiedete di Gilbert e Churchill, i due viaggiatori inglesi che a metà Ottocento descrissero le loro escursioni tra le montagne dolomitiche. E chiedete della loro breve e affamata sosta in una locanda di San Leonardo. Il percorso intanto vi porterà al Maso Alfarëi che con i suoi 700 anni è una delle costruzioni più antiche dell’Alta Badia e abitato da più di 200 anni dalla stessa famiglia. L’onorificenza provinciale è in bella mostra all’entrata.

Maso Alafarei-entrata alla casa- Foto Vittorio Galuppo-Alta Badia

Maso Alafarei-entrata alla casa- Foto Vittorio Galuppo-Alta Badia

Contadini per un giorno in Alta Badia

La calda cordialità e l’accoglienza familiare caratterizzano l’ospitalità ladina.  Per vivere tutto da vicino c’è modo di sperimentare nei masi la vita del contadino per un giorno. All’Alfarëi, Antonio e Rosa offrono l’occasione agli ospiti un paio di volte durante l’estate. Si arriva alle otto del mattino, si procede alla vestizione con tuta blu da lavoro, stivali di gomma, cappello di paglia. Il primo impegno è quello di far uscire le vacche dalla stalla e accompagnarle al pascolo poco distante. Da notare che normalmente Antonio si alza alle cinque di mattina per mungere. Poi porta il latte giù in paese a San Leonardo dove passa il camion- cisterna per la raccolta.

Tornati dal pascolo si pulisce la stalla muniti di badile e carriola. Si mette un po’ di paglia fresca per terra mentre sulle mangiatoie si preparano mangime e fieno. A questo punto si entra in cucina per far colazione. Pane, burro e marmellata di fragole, latte appena munto e caffè, tutto preparato dalla famosa Rosa che dispensa consigli per rifare a casa canederli o strudel. Il lavoro del contadino continua sul prato a falciare l’erba: a mano con la falce, o con la motofalciatrice. L’erba piena di fiori viene raccolta con i rastrelli e messa a seccare. Si cammina lungo un antico steccato, fatto con legni di larice intrecciati, per raggiungere il prato dove il fieno tagliato qualche giorno prima deve essere rastrellato.

Va raccolto in un grosso telo a formare un involucro di 40 kg, da portare a spalla verso una macchina che lo raccoglie. Il pranzo nella stube in legno del vecchio maso è il momento per raccontarsi un po’: la famiglia che abita il maso e i “contadini per un giorno” tra speck e canederli rivelano le loro storie e le loro esperienze. E qualcuno confesserà di aver scoperto abilità sconosciute.

Maso Alfarei-Contadino per un giorno-Foto Eva Vallarin

Maso Alfarei-Contadino per un giorno-Foto Eva Vallarin

La tavola dei ladini in Alta Badia

La tavola dei ladini accoglie con speck e pancetta. Il fritto non manca mai e il sabato in casa le nonne preparano le tutres, pasta di farina e uova ripiena di crauti o spinaci, spesso servite con la minestra d’orzo. Il primo piatto di canederli è una sorpresa. Se pensate che i canederli siano tutti uguali, dovete andare alla scoperta delle ricette degli chef dell’Alta Badia. Troverete le “bales” con finferli e erbe di malga; con rape rosse e salsa al formaggio; pressati su letto di cappucci; agli spinaci su salsa di gorgonzola e anche in versione dolce ripieni di cioccolato e accompagnati da salsa alla vaniglia.

L’Alta Badia è terra di grandi chef e l’occasione di andare a scuola da uno di loro è da prendere al volo raggiungendo il Pralongià, il più vasto altopiano di pascoli della valle, al confine col Veneto.  Si sale con la gialla ovovia da Piz la Ila dove si lasciano gli amanti dello sci ad ammirare la partenza della Gran Risa l’ardita e famosa pista del carosello della Coppa del Mondo di sci alpino. Lo sguardo spazia su un panorama sconfinato dal Sella al Passo Gardena al Sassongher, dal Sas dla Crusc alle Conturines fino ai Settsass. Ampi sentieri segnano l’ondulato pianoro erboso del Pralongià, fatto di pascoli dai mille colori dei fiori estivi, dove si nasconde la nigritella dal delicato profumo di cioccolato.

Maso e vista su San Leonardo- Foto Vittorio Galuppo-Alta Badia

Maso e vista su San Leonardo- Foto Vittorio Galuppo-Alta Badia

Profumi di baita in Alta Badia

Inoltre i tanti rifugi che popolano il pianoro sono la giusta sosta gourmet. Infatti per una lezione di cucina aggiuntiva è pronto lo chef dell’Ütia de Bioch. Una baita dove il profumo del legno accompagna i profumi della tradizione culinaria in un menu con alcuni piatti rivisitati.  Il riposo sull’ampio prato antistante, volgendo lo sguardo al ghiacciaio della Marmolada, ripaga ogni fatica. Il rientro si può fare arrivando all’ovovia Piz Sorega che scende a San Cassiano. Una passeggiata lungo il sentiero degli artisti che costeggia l’ega – l’acqua del torrente – fino a La Villa farà scoprire una galleria a cielo aperto con opere di artisti locali.

Tuttavia camminare e scoprire la molteplicità della valle, possono essere sforzi premiati con strudel o altri dolci che hanno arricchito la tradizionale cucina contadina. Fermarsi sarà l’ennesima occasione per ascoltare qualche discorso in ladino. Per chi volesse tentare un inizio di conversazione più agevole viene in aiuto il mini-corso di ladino nel canale Youtube dell’Alta Badia. A fine giornata capiterà di pensare che ogni ora del giorno sulle Dolomiti ha un colore particolare, ma è il tramonto a regalare lo spettacolo unico dell’Enrosadira. E’ infatti il termine ladino per descrivere il momento in cui le cime dolomitiche si infiammano di arancio e oro.

di Eva Vallarin

Pralongia-Foto Vittorio Galuppo- Alta Badia

Pralongia-Foto Vittorio Galuppo- Alta Badia

 

INFORMAZIONI:

http://www.altobadia.org

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