LEGAMI INTIMITA’ NUOVI MONDI-XIV EDIZIONE DI FOTOGRAFIA EUROPEA 2019
LEGAMI INTIMITA’ NUOVI MONDI-XIV EDIZIONE DI FOTOGRAFIA EUROPEA 2019
Per il festival dedicato alla Fotografia Europa, anche quest’anno l’ospitale Reggio Emilia apre le proprie istituzioni culturali e spazi espositivi a mostre, conferenze, spettacoli e workshop.
La mostra diffusa permette il periplo di dieci eccezionali location spesso di difficile accesso, da Palazzo Magnani, al quattrocentesco Palazzo da Mosto, dalla suggestiva Sinagoga ai Chiostri di San Pietro, dal Battistero e Chiostri di San Nicolò, ai sotterranei del Teatro Valli, dallo Spazio Scapinelli allo Spazio Gerra, dai Chiostri di San Domenico alla Biblioteca Panizzi.
Alle visite alle mostre nei diversi luoghi si abbina così una passeggiata tra giardini e strade a dimensione umana a contatto con una popolazione, l’emiliana, famosa per la propria ospitale bonomia. Il periodo scelto non a caso è la primavera, con chiusura il 9 giugno 2019, momento perfetto per la temperatura mite e per la luce che accende i colori degli intonaci e per il verde delle piante che si declina in mille tonalità. Grazie alla straordinaria esperienza creativa e di partecipazione di Rete Off, inoltre, residenze private, esercizi commerciali, balconi e giardini segreti, entrati in connessione tra loro, si mostrano con entusiasmo, presentandosi al meglio per partecipare alla festa.
Dieci luoghi per 24 mostre
I dieci luoghi, così diversi tra loro per funzione ed epoche di edificazione, accolgono 24 mostre, ricchi mondi fotografici spesso agli antipodi tra loro e proprio per questo ancora più attraenti. Sorpresa, nella sorpresa. Realtà e concezioni di vita, spiritualmente oltre che fisicamente lontani, sembrano avvolgere e coinvolgere chi penetra negli spazi, svolgendo, come in un pellegrinaggio, una funzione catartica.
“A beautiful Image” presenta il fotografo tedesco naturalizzato americano Horst P. Horst e il mondo patinato della moda di un tempo, immortalato nelle copertine che Vogue gli ha dedicato.
Un altro mostro sacro della fotografia americana, Larry Fink è presente con 90 immagini, rigorosamente in bianco e nero in “Unbridled Curiosity” dove, all’insegna della sua sfrenata curiosità, sono rivelati legami tra persone nei più svariati contesti e luoghi. Dedicato all’ipermobilità di persone e finanze è “Arabian Transfer”, dispiegamento di immagini ricche di luce e colore, scattate da Michele Nastasi in 6 città della Penisola Arabica, diventate crogiuolo di immigrati da tutto il mondo e vitale laboratorio di grattacieli nel deserto.
Un omaggio al Giappone
Regno della natura disordinatamente romantica, è la mostra “Urban Screens” di Vincenzo Castella che, attraverso due schermi e fotografie alte più di due metri, finge aperture nell’imponente salone della Sinagoga, visualizzando una lussureggiante vegetazione tropical style, in realtà inesistente negli spazi urbani circonstanti.
A rendere omaggio al Giappone, paese ospite dell’edizione di quest’anno, si materializzano diverse voci fotografiche. Giovani fotografi giapponesi sono Kenta Cobayashi con le sue immagini futuribili di un universo instabile e mutevole frutto di manipolazioni digitali, Motoyoki Daifu che con “Holy Onion” si concentra sulla sequenza di 20 scatti che ritraggono la madre in cucina impegnata nel mondare cipolle.
Banale azione quotidiana assurta a rituale proprio per l’atteggiamento ripetitivo della donna, che armata di “santa pazienza” svolge un compito reso sacro dalla tradizione e Ryuichi Ishikawa che nelle sue fotografie esprime il fascino operato su di lui dalla realtà borderline della sua città, Okinawa, intrappolata e manipolata, tra dispute interne e pressioni esterne.
Un ponte tra intelligenza umana e quella artificiale
Punti di vista italiani provengono, invece, sia da Pierfrancesco Celada che in “Japan, I wish I knew your name”, focalizza la megalopoli Tokyo-Nagoya-Osaka dove, all’alta densità, la popolazione risponde con il tentativo di isolarsi, avvalendosi sempre più dei moderni sistemi di comunicazione informatica, sia da Vittorio Mortarotti che in “The first day of good weather”, titolo che si ricollega al lancio della bomba atomica su Hiroshima, durante un viaggio in Giappone alla ricerca della fidanzata del fratello scomparso, documenta persone che soffrono la perdita di qualcosa o qualcuno.
Di gusto squisitamente francese è l’installazione video Reborn di Justine Emard dove, in una dimensione onirica accentuata da rilasci di nebbia artificiale, un robot esegue i movimenti del ballerino che gli sta davanti, in un commovente desiderio di dialogo, creando un ponte tra l’intelligenza artificiale e quella umana, all’insegna dell’antico animismo scintoista. Francese è anche il documentarista Samuel Gratacap che nel suo Fifty-Fifty è riuscito a narrare della condizione di chi in Libia e in Tunisia vive 50/50, in bilico tra visibilità e invisibilità, tra bene e male, tra la vita e la morte.
Cimeli da conservare come radici
Le terre di Gerusalemme che hanno invece ispirato Giovanni Chiaramonte suscitano, in chi visita la mostra Jerusalem, un sentimento di attesa spaziale e temporale, che non vuole essere passiva staticità ma avvento, potenzialità.
Nel viaggio all’esplorazione di modi di raccontare, nuovi o antichi, non mancano la collettiva Speciale diciottoventicinque, titolo che si riferisce alla fascia d’età dei fotografi, Obiettivo Granata 1919/1929 che focalizza l’origine e l’ascesa della Reggiana Calcio o per ,“giocare” ancora più in casa, la mostra Famiglie. Un mondo di relazioni.
Dove vengono alla luce fondi fotografici custoditi gelosamente nei cassetti da intere generazioni, cimeli da conservare come radici utili a conferire stabilità e unità al pianeta futuro. In un affettuoso sorriso, capace di unire, all’insegna della leggerezza.
Votarsi alla materia
frantuma le anime
Trovarsi nello spazio
Lega gli uomini.
Vedere sé nell’altro
Edifica mondi.
Sono le parole di Rudolf Steiner citate da Davide Zanichelli, presidente della Fondazione Palazzo Magnani nel catalogo della mostra curata da Walter Guadagnini, il Direttore Artistico capace di ritrovare il Fil rouge tra i flutti del mare magnum fotografico in esposizione e di farcelo riconoscere.
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